Nell’estetica di Eraldo Affinati il collegamento tra luoghi e persone svolge un ruolo pregnante. A riprova, basta ricordare i libri che ha dedicato a Dietrich Bonhoeffer e a don Milani, collegati con immediatezza alle visite effettuate ai luoghi nei quali si sono svolte le vicende dei protagonisti.
Sullo stesso registro si muove oggi Testa, cuore e mani, grandi educatori a Roma, con prefazione del cardinale José Tolentino de Mendonça, Libreria Editrice Vaticana, 180 pagine, 17 euro.
L’ambiente è quello di Roma, attraversata e riattraversata in tutti i sensi dall’autore alla ricerca delle tracce, fisiche e di tradizione, delle figure convocate a comporre il coro di educatori che nella città hanno esercitato la loro vocazione, a partire da San Paolo apostolo per giungere a don Emilio Grasso e don Roberto Sardelli, attivi negli ultimi decenni del Novecento nelle periferie di una capitale socialmente e urbanisticamente dissestata.
Fra i protagonisti troviamo persone diversissime tra di loro, dai santi saliti agli onori degli altari, Agostino, Ignazio, Filippo Neri, al poeta Giorgio Caproni, attivo come maestro proprio a Roma, negli anni Sessanta e Settanta, fino al pensionamento. Né, in una galleria di educatori, potevano mancare donne quali santa Caterina da Siena, forse analfabeta ma capace di dettare lettere che stanno alle origini della storia della nostra lingua, e Maria Montessori, visionaria profetessa di un approccio all’insegnamento incentrato sulle necessita dei discenti, fin nelle dimensioni del mobilio, e non sulle pretese dei docenti.
Testa, cuore, mani, che trae il proprio titolo da un’espressione usata da papa Francesco, è soprattutto un libro di riflessione sull’insegnamento, nella concretezza dell’agire e nel mistero dei rapporti umani. La necessità di riconoscere l’unicità di ogni situazione educativa diviene manifesta nel pellegrinaggio cittadino svolto da Affinati per raccontare le vicende di quanti hanno impegnato le loro energie per aiutare altri a formarsi, ciascuno a suo modo, senza pretendere di imporre la propria visione del mondo, né di piegare la realtà. “L’azione educativa, se non è a fondo perduto, rischia di ridursi all’esecuzione di un precetto”. La prima attitudine che va coltivata è quella alla libertà.
Con la consapevolezza di quanto accade attorno a noi, ogni giorno, della violenza con la quale agiscono forse politiche e sociali poderose, alle quali quasi mai è possibile dare una risposta completa e che non ci si deve illudere di riuscire a governare a proprio piacimento. “Africani, bengalesi, arabi, slavi: il movimento tumultuoso dell’umanità in transito attraverso il pianeta non si interromperà certo a causa di qualche provvedimento legislativo delle singole nazioni teso a ostacolarlo”.
A questo fenomeno, inarrestabile e centrale, caratteristico di ogni storia e della nostra in particolare, insieme alla moglie Anna Luce Affinati dà una risposta quotidiana e concreta nella scuola che ha fondato, la Penny Wirton, ormai diffusa in tutta Italia con decine di sedi distribuite nelle maggiori città. Alla base del progetto educativo della scuola sta una modalità di insegnamento particolare: le lezioni sono organizzate in modo tale che ogni insegante si rivolga a un solo allievo, garantendogli la massima attenzione e liberandolo nello stesso tempo da ogni timore di confronto. “Ogni educatore per sua natura è portato a ritrovare nella qualità della relazione umana il principio costitutivo del suo operato”.
Sergio Valzania